Archivio | settembre 2010

Malaga, tierra querida y de poesias – Antonio Machado

Malaga non è un gusto di gelato. E’ un posto del mondo dove ci passerei la vita. Fra le sue alamedas, il Pedregalejo, e magari pure un salto alla cancha de la Rosaleda il sabato sera prima di un’abbuffata di tapas y pinches y vino tinto o cerveza. Malaga è anche patria di Antonio Machado. L’ho conosciuto alla Libreria Lucas, dove una commessa che sa fare il suo mestiere (o forse un po’ viziosa), mi ha detto che non sarei potuto andare via da Malaga senza le sue opere complete. In lingua originale. Fatto e servito alla modica cifra di 8,85 euro.

E sarebbero rimaste a far polvere se non avessi rispolverato. E aperto a caso. E trovato questo. E tradotto con fatica (ed errori). Tre sonetti su cinque, su due ci sto ancora pensando.

CLXV

I

Ci fu sul mio cuore, nel crocevia
di cento strade, tutte di passaggio,
un viavai senza appuntamento né riposo,
come su un marciapiede rumoroso di viaggiatori.
Passò ai quattro venti la sua giornata,
disperso il cuore per cento sentieri
di terra battuta o pietra sdrucciolevole
e alla sorte, nel mare, di cento velieri.
Oggi sciame che torna al suo alveare
quando lo stormo di corvi si fa roco
in cerca della sua rocca annerita,
ritorna il mio cuore al suo daffare
fra i nettari di un campo che fiorisce
e il lutto dell’aspro pomeriggio.

III

Ho offuscato la tua memoria? Quante volte!
La vita scende come un fiume ampio
e quando porta al mare un grande vascello
trascina fango verdastro e torbidi fondali.
E ancora di più se c’è stata tempesta sulle sue rive
e quello raccoglie il bottino della tormenta
se nel suo cielo la nuvola color cenere
si è incendiata di gialli fulmini.
Ma anche se scivola verso il mare ignoto,
la vita è anche acqua di fonte
che da una sorgente chiara, goccia a goccia
o da rumoroso sbuffo di torrente,
sotto il cielo, sopra la pietra schizza.
E lì suona il tuo nome, eternamente!

IV

Questa luce di Siviglia… E’ il palazzo
dove sono nato, con il suo rumore di fontana.
Mio padre nel suo studio – l’alta fronte,
il rado ciuffo di barba e il baffo cascante –
Mio padre, ancora giovane. Legge, scrive, dà un occhio
ai suoi libri e medita. Si alza:
va verso la porta del giardino. Passeggia.
A volte parla da solo, a volte canta.
I suoi grandi occhi dallo sguardo inquieto
ora sembrano vagare, senza oggetto
dove possano posarsi, nel vuoto.
Ora scappano dal suo ieri al suo domani,
ora guardano nel tempo. Padre mio!,
mia testa tristemente canuta.