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Il giornalismo ai tempi di internet – Intervento al convegno di www.loschermo.it

Io penso, e sinceramente spero, che essere giornalisti oggi non significhi né più né meno che esserlo stati ieri ed esserlo domani, qualunque siano le evoluzioni della (o delle) tecnologie. Un ruolo allo stesso tempo culturale e in senso lato educativo. Che è poi quello di mediare tra la grandissima quantità di fatti (e di interpretazione degli stessi) che arriva nelle redazioni, ai redattori e ai giornalisti e coloro che, bontà loro, tutti i giorni acquistano un giornale quotidiano, o lo leggono al bar, o lo sbirciano distrattamente o meno su internet.

Questo lavoro di mediazione, di valutazione della notizia, di collocazione in un contesto di pagina e, soprattutto, di verifica della sua realtà deve necessariamente essere identico sia che si detti un pezzo da un improbabile telefono a manovella, sia che si scriva su un computer sia che si invii via mail da un collegamento wireless con un cellulare di ultima generazione.

In sostanza, eliminando il mezzo, resta, nella sua nudità e purezza una cosa: il fatto. La sua rilevanza in un determinato momento storico, la sua capacità di far discutere o meno. Accanto al fatto, se correttamente argomentati, anche i commenti allo stesso che volta volta possono arrivare da un’istituzione, da un politica, da un rappresentante di una categoria, da un cittadino.

Ma dove si trovano e dove si cercano i fatti? In questo senso, va detto, qualcosa è inevitabilmente cambiato. Se prima infatti il giornalista era soltanto colui che si “sporcava le mani” rovistando nella spazzatura della vita, passando intere giornate ad attendere dietro una porta, ad origliare dietro una porta, a cercare di ottenere informazioni, a scucire confidenze da questa o quella fonte, ora il panorama delle fonti è lievitato notevolmente.

E questo rappresenta, allo stesso tempo, un’opportunità e un rischio. Un’opportunità perché accorciando notevolmente i tempi dell’acquisizione della notizia, del fatto di interesse pubblico diremmo per semplificare, aumenta esponenzialmente la quantità di informazioni che pervengono a una redazione. Ma la quantità non vuol dire automaticamente qualità e nemmeno, per quanto sia mai rintracciabile, verità. E quindi in tutto questo mare magnum di fatti conosciuti direttamente, fatti raccontati da terzi (più o meno affidabili) ma che ci mettono la voce e la faccia, fatti riferiti “de relato”, gossip, “sentito dire” e “vai avanti tu che poi io ti seguo” si inserisce il ruolo del giornalista.

Che ascolta e DECIDE. E sta in quel momento, più o meno ponderato, più o meno personale, più o meno condizionato della decisione, che si espleta sostanzialmente il suo ruolo. Poi potremmo stare a discutere un’intera giornata sull’opportunità di un titolo o di un approfondimento, sulla correttezza di aver interpellato quello o quell’altro esperto, sulla valorizzazione di questa o di quella notizia, se non proprio dell’omissione (consapevole?) di qualcosa.

E in tutto questo non va dimenticato un elemento importante. I giornali sono, sono stati e saranno (c’è da vedere se di meno o no) delle aziende commerciali. Per vivere devono VENDERE: notizie come pubblicità. E nel loro essere attori commerciali sottostanno a tutte le regole e le pressioni che ne conseguono e che per tutti è facile immaginare. Il bravo giornalista, il giornalista onesto intellettualmente (ahimè, a tutti i livelli ne vedo davvero pochissimi e non è neanche detto che mi possa inserire automaticamente fra questi) se ne frega e, una volta verificata la verità e la correttezza delle informazioni in suo possesso, va avanti per la sua strada e se ne assume le responsabilità, all’interno e all’esterno della sua redazione. E sempre di più dovrà fare così. Perché al di là delle fonti, al di là della propria azienda, al di là delle proprie amicizie e delle proprie opinioni, dovrà rendere conto a un lettore sempre più consapevole e che potenzialmente ha la possibilità di accedere alle stesse fonti di cui è in possesso il giornalista. E ne chiederà conto. E se non riceverà soddisfazione deciderà di investire quell’euro, o quell’euro e venti in qualcos’altro. Magari in una connessione più veloce a internet.