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Infilarsi in un cinema senza una pietra al collo

Se avessi tempo di andare al cinema. O se ritenessi un giorno di dover allocare qualche risorsa nel pagare per vedere un film in una struttura di Lucca (c’è Pontedera, c’è il Vis Pathè, bazzico spesso Firenze. Ahimè, da quel punto di vista un altro mondo), ho già individuato cosa potrebbe (sottolineo potrebbe, che poi esci dal cinema deluso e affamato di una videocassetta d’antan) interessarmi in questo primo scorcio di stagione.

Mi incuriosisce innanzitutto il ritorno di Sofia Coppola alla regia di un film non in costume (mai guarderò, credo, Marie Antoinette), Somewhere. Lost in translation mi è piaciuto, e mi piace molto. E credo non solo perché si rimane incollati allo schermo dagli occhi e dalle labbra di Scarlett Johansson (ammetto che mi fermo a guardare anche quando fa le pubblicità. Quindi potrei essere condizionato. E ho persino visto due volte La verità è che non gli piaci abbastanza, il cui titolo è molto peggio del film).

L’altro film che mi incuriosische è L’urlo di Rob Epstein e Jeffrey Friedman, primo lungometraggio di due documentaristi. Parla di “controcultura” americana. Di Ginsberg e Ferlinghetti (di cui qui sotto inserisco la poesia scritta dopo l’11 settembre, finalmente una voce “contro” non complottarda o accondiscentente). Ne so poco, quindi potrebbe anche essere un’occasione per stimolare la mia coscienza a volte un po’ pigra.

E poi c’è anche cosa potrei vedere quando non ho voglia di pensare. Ad esempio Mangia, Prega, Ama di Ryan Murphy con Julia Roberts.

E infine cosa non vedrò di certo. A parte quelli spazzatura (elenco infinito, dalle parodie americane a Stallone – il ritorno), innanzitutto tutti i film in 3D. Perché in tridimensione preferisco vedere la vita. E poi 20 sigarette, perché di retorica ne viviamo abbastanza tutti i giorni. E poi Miral, forse per lo stesso motivo di cui sopra. E chissà quanti altri.

Ma poi magari cambio idea. E mi infilo anche io in un cinema con una pietra al collo, come diceva De Andrè. Magari in un claustrofobico cinema di Lucca.

Storia dell’aeroplano di Lawrence Ferlinghetti

E continuarono a volare e volare finché volarono dritti nel 21°
secolo e un bel giorno un Terzo Mondo si rivoltò e sequestrò i grandi aerei e li fece volare dritti
nel cuore pulsante dell’America-Grattacielo dove non c’erano
voliere né parlamenti di colombe e in un lampo accecante
l’America divenne parte della terra bruciata del mondo
E un vento di cenere soffia sulla nazione E per un lungo momento nell’eternità c’è caos e disperazione
E voci e amori e pianti e sussurri sepolti riempiono l’aria ovunque